IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 840/86 proposto
 dalla dott.ssa Anna La Rana, rappresentanta e difesa dall'avv.  Mario
 Montuori,  presso il cui studio e' elettivamente domiciliata in Roma,
 lungotevere delle Navi n. 30, contro il Ministero dell'universita'  e
 della ricerca scientifica ed ecologica in personale del Ministro pro-
 tempore  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
 presso la quale  e'  domiciliato  ex  lege,  per  l'annullamento  del
 decreto  del  Ministero della pubblica istruzione, in data 18 gennaio
 1986, sono stati approvati gli atti  della  commissione  giudicatrice
 per  la  seconda  tornata  del  giudizio  di  idoneita'  a professore
 associato per il raggruppamento n. 10 (diritto ecclesiastico),  nella
 parte  relativa al giudizio di idoneita' della ricorrente, nonche' di
 tutti gli atti connessi e coordinati;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
 pubblica istruzione;
    Visto  l'atto  notificato  il  14 marzo 1988 con il quale e' stato
 dedotto un motivo aggiunto;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Vista la propria ordinanza n. 851 dell'11 luglio 1990  di  rigetto
 della istanza di sospensiva;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  21  novembre 1990 il relatore
 consigliere Franco Bianchi e uditi, altresi', l'avv. Montuori per  la
 ricorrente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  ricorso  (n.  840/1986)  notificato in data 2 aprile 1986, la
 dott.ssa Anna La Rana ha impugnato,  chiedendone  l'annullamento,  il
 decreto  del  Ministro della pubblica istruzione del 18 gennaio 1986,
 con  il  quale  sono  stati  approvati  gli  atti  della  commissione
 giudicatrice  per  la  seconda  tornata  dei  giudizi  di idoneita' a
 professore associato  per  il  raggruppamento  di  discipline  n.  10
 (diritto   ecclesiastico)   nella   parte  relativa  al  giudizio  di
 inidoneita' della ricorrente, nonche' di tutti gli  atti  connessi  e
 preordinati.
    Dopo  aver richiamato le principali circostanze di fatto afferenti
 la   controversia,   la   ricorrente   ha   dedotto,   a   fondamento
 dell'impugnativa i seguenti motivi:
      violazione  e  falsa applicazione degli artt. 50 e 51 del d.P.R.
 n. 382/1980. Eccesso di potere per contrasto con i precedenti  e  per
 errore  nei  presupposti;  per  disparita' di trattamento e manifesta
 ingiustizia. Difetto e contraddittorieta' di motivazione.
    Il  d.P.R.   n.   382/1980   sul   riordinamento   della   docenza
 universitaria  ha  istituito, nell'ambito dei professori universitari
 la fascia dei "professori associati" e  previsto  l'inquadramento  in
 tale fascia di alcune categorie di docenti, sulla base di un semplice
 giudizio di idoneita' fondato sulla attivita' scientifica e didattica
 da  essi  svolta,  e diretto ad accertare non gia' la piena maturita'
 scientifica - come  disposto  per  i  professori  ordinari  -  ma  la
 semplice idoneita' scientifica (oltre che quella didattica).
    Il  giudizio  negativo  espresso  nei  confronti  della  attivita'
 scientifica della ricorrente contrasta con il  giudizio  espresso  in
 occasione  della  prima  tornata  che - benche' negativo - conteneva,
 tuttavia,  elementi  di  apprezzamento   sulla   personalita'   della
 candidata  sulla  sua  attitudine  ad  affrontare  temi  di  notevole
 impegno.
    La  commissione  della  seconda   tornata   non   ha   esattamente
 interpretato  il  ruolo  che era chiamata a svolgere ed ha seguito un
 criterio di eccessivo rigore, del tutto incompatibile con il  sistema
 della  legge  e  soprattutto con le disposizioni di prima attuazione,
 volte ad agevolare il passaggio  dal  vecchio  al  nuovo  ordinamento
 mediante  l'inquadramento  di  alcuni  docenti nella nuova fascia dei
 professori associati. Prova ne e' che  su  trentadue  candidati  solo
 quattro hanno ottenuto la idoneita'.
    La ricorrente, previa riserva di eventuali motivi aggiunti dopo il
 deposito  degli  atti,  ha  chiesto  al  tribunale l'accoglimento del
 ricorso con il conseguente annullamento degli atti impugnati ed  ogni
 altra correlativa pronuncia.
    Con  atto  notificato  il 14 marzo 1988, la ricorrente premesso di
 aver avuto casualmente conoscenza di un grave vizio  che  inficia  il
 procedimento  di  formazione della commissione giudicatrice, nominata
 con d.m. 8 maggio 1974, ha dedotto il seguente motivo aggiunto:
      violazione  dell'art.  13  del d.P.R. 11 luglio 1982, n. 382, in
 quanto il Ministro della pubblica istruzione ha inserito nel tabulato
 concernente l'elettorato  passivo  un  docente  (il  prof.  Guerzoni)
 collocato  in  aspettativa  a  seguito  della sua nomina a membro del
 Parlamento; di talche', la presenza di un sorteggiato ineleggibile ha
 inciso sulla  formazione  della  commissione,  rendendo  illeggittimo
 l'atto di nomina.
    Ha insistito, quindi, per l'accoglimento del ricorso.
    Il  Ministero  dell'universita'  e  della  ricerca  scientifica  e
 tecnologica,   costituitosi   in   giudizio   con    il    patrocinio
 dell'Avvocatura generale dello Stato, ha sostenuto l'infondatezza del
 motivo  relativo  alla  composizione  della commissione esaminatrice,
 stante la legge n. 341/1988 che ha interpretato autenticamente l'art.
 13 del d.P.R. n. 382/1980, e di tutti gli altri motivi di ricorso, di
 cui ha chiesto il rigetto con vittoria di spese.
    Con ordinanza n. 851  dell'11  luglio  1990,  e'  stata  rigettata
 l'istanza incidentale di sospensiva.
    Alla  pubblica  udienza  del 21 novembre 1990, dopo la discussione
 orale, il ricorso e' passato in decisione.
                             D I R I T T O
    Il  ricorso  ha  per  oggetto  il  giudizio  di  non  idoneita'  a
 professore   associato   per   il   raggruppamento   n.  10  (diritto
 ecclesiastico) formulato nella  seconda  tornata  nei  confronti  del
 ricorrente.
    Ha  carattere  pregiudiziale  il  primo  motivo  aggiunto inteso a
 contestare, sulla base di quanto  emerso  dagli  atti  depositati  in
 giudizio  dall'Amministrazione,  la  legittimita'  del  d.m. 8 maggio
 1984, con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice.
    Sostiene il ricorrente che l'ammissione all'elettorato passivo del
 prof. Luciano Guerzoni, allora in  aspettativa  obbligatoria  perche'
 membro  del Parlamento nazionale, e' avvenuta in contrasto con l'art.
 13, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
    In concreto,  l'indebito  inserimento  del  nominativo  del  prof.
 Guerzoni   nel  tabulato  predisposto  per  il  sorteggio  (1:26)  ha
 sovvertito la successiva serie progressiva,  alterando  l'abbinamento
 fra  i numeri estratti e i nominativi dei docenti, con la conseguenza
 che e' stata prospettata al corpo elettorale una  rosa  di  candidati
 diversa  da  quella che si sarebbe formata se il prof. Guerzoni fosse
 stato escluso.
    L'avvocatura dello Stato oppone che la  censura  risulta  superata
 dall'art.  1  della  legge  5 agosto 1988, n. 341, il quale, sotto il
 titolo "interpretazione autentica",  ha  disposto  che  i  professori
 collocati  in  aspettativa  obbligatoria  ai  sensi  dell'art. 13 del
 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, conserva l'elettorato attivo e passivo
 per la formazione delle commissioni per  i  giudizi  di  idoneita'  a
 professore  associato  e  per  i  concorsi a professore universitario
 ordinario o associato nei casi in cui le operazioni per la formazione
 delle commissioni giudicatrici siano iniziate prima della entrata  in
 vigore  dell'art.  5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, anche se la
 conclusione delle operazioni anzidette e la nomina della  commissione
 siano avvenute successivamente.
    L'assunto  dell'avvocatura  va  condiviso  poiche' nella specie il
 procedimento di nomina, avendo preso avvio il 1ยบ marzo 1984,  con  il
 sorteggio  dei  docenti eleggibili, rientra nella sfera di previsione
 dell'intervento di interpretazione autentica.
    Tuttavia il citato art.  1  della  legge  n.  341/1988  appare  al
 collegio  di  dubbia legittimita' costituzionale con riferimento agli
 artt. 3, 24, 102, 104 e 108 della Costituzione.
    La questione e' rilevante poiche', se la norma  venisse  caducata,
 la  censura,  alla  luce  del disposto dell'art. 13, primo comma, del
 d.P.R. n. 382/1980, risulterebbe fondata come  la  giurisprudenza  ha
 ripetutamente  ritenuto  (Cons.  di Stato, sezione sesta, 10 febbraio
 1988, n.  178;  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio,  sezione
 prima, 11 dicembre 1987, n. 1960; 9 febbraio 1987, n. 268).
    E'  determinante,  in  tal  senso,  il  rilievo  che l'aspettativa
 comporta la sospensione di tutte le  funzioni  connesse  all'ufficio,
 fatta   eccezione  per  quelle  espressamente  consentite  e  fra  le
 attivita' indicate nel citato art. 13 non  figura  la  partecipazione
 alle commissioni giudicatrici.
    D'altronde  il  collocamento  in aspettativa obbligatoria disposto
 dallo stesso art. 13 tende  con  chiara  evidenza,  a  consentire  al
 docente  il  pieno  adempimento  dei  compiti  relativi  all'incarico
 extrauniversitario e ad evitare che, per l'onerosita' dell'impegno si
 producano riflessi negativi sul buon  andamento  dell'amministrazione
 universitaria.
    L'esclusione  dall'elettorato  passivo trova dunque conferma anche
 in ragione di intrinseca coerenza con la ratio legis,  atteso  che  i
 lavori  delle commissioni giudicatrici sono per durata e complessita'
 particolarmente gravosi.
    Significativo e'  poi  che  l'art.  5  della  successiva  legge  9
 dicembre  1985,  n. 705, abbia previsto che i professori universitari
 in aspettativa obbligatoria "mantengono il  solo  elettorato  attivo"
 cosi'  avvalorando  le  anzidette  considerazioni, dal momento che il
 termine "mantengono"  si  riferisce  come  e'  stato  rilevato  dalla
 giurisprudenza dianzi citata, non gia' alla disciplina precedente, ma
 alla posizione del docente, che pur collocato in aspettativa conserva
 il diritto di voto.
    Cosi'  accertata, con l'impiego delle consuete regole ermeneutiche
 ed in conformita' ad una giurisprudenza concorde la portata dell'art.
 13 del d.P.R. n. 382/1980, ne consegue che l'art. 1  della  legge  n.
 341/1988  ha  in  realta' innovato, contrariamente a quanto si evince
 dal titolo, la disciplina previgente.
    Di cio'  era  consapevole  il  relatore,  senatore  De  Rosa,  che
 nell'illustrare  il disegno di legge, ebbe ad affermare che l'art. 13
 del d.P.R. n. 382/1980 non prevede  la  conservazione  da  parte  dei
 professori  predetti  dell'elettorato  attivo e passivo ai fini della
 formazione delle commissioni  di  concorso  (atti  della  commissione
 istruzione del Senato, seduta del 28 aprile 1988, pag. 26).
    Orbene,  la  Corte costituzionale, di recente, pur riaffermando in
 linea di principio l'ammissibilita' della legge interpretativa, ne ha
 censurato l'utilizzazione ove siano  dirette  non  a  chiarire  ma  a
 modificare   il   significato   della   norma  "interpretata"  (Corte
 costituzionale 4 aprile 1990, n. 155).
    La stessa distorsione della funzione  tipica  dell'interpretazione
 autentica  si verifica, per quanto si e' osservato, nel caso in esame
 donde il sospetto della violazione dell'art. 3 della Costituzione per
 vizio di razionalita'.
    Aggiungasi  che  nella  specie  l'intervento  del  legislatore  si
 inserisce in un contesto caratterizzato dal  fatto  che  "sono  stati
 presentati.  .  .  da parte dei candidati non vincitori, ed in alcuni
 casi gia' accolti in primo grado,  numerosi  ricorsi  che  sostengono
 l'illeggittimita'   dell'operato   del   Ministero   della   pubblica
 istruzione" (Relazione al Senato sul  disegno  di  legge  n.  795,  X
 legislatura).
    Sicche' e' evidente l'intento di interferire sui giudizi in corso,
 vincolandone  la definizione in senso contrario a quello prevedibile,
 tenuto conto dell'indirizzo del Giudice di primo  grado,  confermato,
 prima  dell'approvazione  della  legge,  dal Consiglio di Stato (cit.
 sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178).
    Da qui  nascono  ulteriori  ragioni  di  dubbio  sul  piano  della
 Costituzionalita'  con riguardo all'art. 24, che garantisce la tutela
 giurisdizionale dei diritti e degli interessi  legittimi  e  sancisce
 l'inviolabilita' del diritto di difesa; dell'art. 102, che riserva ai
 magistrati  l'esercizio  della  funzione giurisdizionale; degli artt.
 104, primo comma, e 108, secondo comma, che assicurano l'indipendenza
 della magistratura.
    E', infine, da rilevare che l'art. 1 della legge n.  341/1988  in-
 troduce   una   nuova  disciplina  in  materia  di  formazione  delle
 commissioni    giudicatrici    come    effetto    retroattivo     pur
 indipendentemente   dalla   qualificazione   della   norma   come  di
 interpretazione autentica, dovendosi ritenere che i  procedimenti  di
 nomina  avviati  prima  dell'entrata in vigore della legge 9 dicembre
 1985, n. 705, fossero nel frattempo tutti pervenuti a conclusione.
    La   Corte   costituzionale   ha   ripetutamente   affermato   che
 l'irretroattivita' stabilita dalla Costituzione soltanto per le leggi
 penali, costituisce pur sempre un principio generale dell'ordinamento
 al  quale,  salva  la  presenza  di una oggettiva giustificazione, il
 legislatore  deve  attenersi  (da  ultimo  Corte   costituzione,   n.
 155/1990).
    Una  volta  esclusa  la  validita' dei presupposti e delle ragioni
 desumibili dai lavori preparatori, non  si  rinvengono  nella  specie
 elementi idonei a dare razionale fondamento alla retroattivita' della
 previsione,  tanto  piu'  che  essa  non  si  inquadra in un generale
 ripensamento del  legislatore,  ma  con  riferimento  ad  un  periodo
 pregresso e limitato, apporta una deroga alla disciplina vigente alla
 data della sua adozione e tuttora in vigore.
    Anche  sotto questo profilo sussiste il dubbio di contrasto con il
 principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Per  le  considerazioni  esposte,  le  delineate  questioni  vanno
 rimesse  alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio, con
 riserva, di ogni ulteriore statuizione, all'esito  della  risoluzione
 dell'incidente di costituzionalita'.